Scienza, pseudoscienza, par condicio e democrazia
In alcuni talk show argomentazioni scientifiche e pseudoscientifiche sono, non di rado, poste sullo stesso piano, generando, così, un’errata par condicio e dando l’illusione della pari dignità. Questo tipo di comunicazione può essere considerata corretta? In base ai dati scientifici prodotti dal linguista Tullio De Mauro, in una recente intervista fatta da Filomena Fuduli sul portale Lingua Italiana, meno di un terzo della popolazione italiana avrebbe gli strumenti necessari di comprensione della scrittura e del calcolo per potersi muovere nella vita di una società moderna
A partire dal famoso studio dal titolo Storia linguistica dell’Italia Unita (del 1963), De Mauro ha raccolto una messe davvero significativa di dati intorno all’analfabetismo strumentale e funzionale e sul peso che tali lacune hanno sulle vicende linguistiche, sociali, culturali e scientifiche del nostro Paese. La percentuale degli italiani in grado di comprendere pienamente i discorsi dei nostri politici durante i dibattiti televisivi sarebbe addirittura inferiore al 30%.
Sulla medesima linea si situa lo studio compiuto dai giornalisti scientifici Luciano Pellicani e Elio Cadelo nel libro Contro la modernità – le radici della cultura antiscientifica in Italia, in cui vengono mostrati dei dati davvero sconcertanti sulle gravi lacune scientifiche della società italiana: il 97% della popolazione non conosce il concetto di metodo scientifico (contro il 78% della Finlandia, per esempio). In un ambiente siffatto, dove le conoscenze linguistiche e scientifiche sono molto scarse, può entrare davvero di tutto a livello di comunicazione e ogni forma di pseudoscienza e disinformazione può attecchire senza incontrare troppi problemi. Nelle scuole italiane, per esempio, si insegnano bene le materie scientifiche, ma non si insegna la scienza e il metodo di ricerca di cui si avvale. L’idealismo di stampo crociano ha contributo fortemente a generare quell’analfabetismo scientifico che spesso apre la strada a inefficienti cure prive di fondamento scientifico, a gruppi antivaccinisti che avversano la scienza per ideologia, a pseudo medicinali privi di principi attivi, a formazioni animaliste contrarie alla sperimentazione animale senza conoscere davvero come essa funzioni e ignorando i danni che si fanno alla ricerca scientifica, a programmi televisivi che contribuiscono fortemente a confondere il pubblico a casa.
I programmi della televisione sono legati, come è noto, al concetto di audience, termine che si usa per indicare l’insieme delle persone che hanno seguito una determinata trasmissione. Talune programmazioni, pur non occupandosi, prevalentemente, di divulgazione scientifica, tendono, però, a trattare argomenti scientifici alla stessa maniera in cui vengono affrontate tematiche basate sullo scambio di semplici opinioni. In una trasmissione in cui si parla di costume e società, di politica, di sport, si moda e di musica, per esempio, lo scambio di opinioni servirà ad arricchire il dibattito e a produrre interessanti sintesi argomentative, generando successivamente altre posizioni da cui ripartire in dibattiti, pressoché, infiniti.
Una delle acquisizioni più democratiche delle forme comunicative è data dalla possibilità di fornire il medesimo spazio di espressione a chi porta opinioni, idee e programmi di vario genere a destinatari eterogenei che vengono da ambienti culturali, filosofici e politici diversi. La libertà di parola costituisce un’ autentica conquista della società moderna e civile. In una società democratica non sarebbe accettabile ascoltare un politico che presenta il suo programma senza dare poi la possibilità di replica al suo interlocutore-avversario ideologico. E un talk show risulterebbe noioso senza il vivace scambio di opinioni, di idee e di vedute.
Il problema nasce però, quando il confronto e la par condicio sono cercati su questioni di natura scientifica. Il metodo sperimentale è basato sulla osservazione dei fenomeni, sulla produzione di ipotesi e sulla verifica delle stesse. Soltanto quando le ipotesi formulate sono state verificate e i risultati prodotti resi riproducibili da ricercatori indipendenti si può procedere alla pubblicazione su riviste specializzate con il sistema peer review (revisione paritaria) dove la giuria di esperti può conoscere gli autori della ricerca, ma non il contrario.
Soltanto una piccola percentuale dei lavori che arrivano a queste riviste finisce pubblicata. E anche successivamente si continua a monitorare lo studio per verificare che nessun errore sia sfuggito e nessuna frode sia passata inosservata. La scienza produce, per dirla con Bertrand Russel, delle verità tecniche che possono essere falsificate (Karl Popper) (inficiate, per dirla meglio) da un altro studio scientifico che abbia seguito rigorosamente i tornelli necessari per la validazione da parte della comunità scientifica mondiale.
La scienza cerca in continuazione di auto-correggersi attraverso i modelli di applicazione che usa per la ricerca, cerca sempre di inficiare i dati prodotti per complicare, per così dire, il modello utilizzato e trovare errori e falle. La scienza non ha la presunzione di spiegare tutto (chi lo pensa non ha capito la scienza): il metodo scientifico, però, è il miglior sistema di indagine messo a punto dall’uomo per comprendere oggettivamente la realtà attraverso modelli che vengono continuamente inficiati per trovare improprietà e per poterle correggere. Anche la storia, la linguistica, la filologia, la semiotica statistica e testuale si avvalgono, per esempio, dello stesso sistema e l’elenco delle discipline potrebbe essere più numeroso.
Proprio per questo la scienza non può essere democratica, almeno non nel modo in cui siamo abituati a pensare al semplice scambio di opinioni in una atmosfera da par condicio televisiva, dove il confronto è posto tra persone che presentano ideologie e punti di vista differenti, e che arricchiscono il dibattito e contribuiscono a raggiungere nuove sintesi argomentative da cui ripartire.
Come si spiega nel libro Giornalismo pseudoscientifico edito da C1V edizioni, l’errore compiuto da alcuni programmi televisivi sta proprio nel mettere a confronto le verità tecniche della scienza con le opinioni e le posizioni ideologiche (quindi non basate sui dati oggettivi) generando, così, un confronto-scontro ideologia vs scienza in una trasmissione-comunicazione falsata all’origine. Si avrà, in questo modo, una illusoria par condicio tra chi porta prove scientifiche e chi risponde soltanto attraverso opinioni, generando, così, l’illusione del dibattito democratico, ma in realtà confondendo i telespettatori che possono facilmente cadere nella trappola della retorica pseudoscientifica e di logiche fallaci.
Le argomentazioni pseudoscientifiche sono costruite ad arte: chi si fa portatore di messaggi non scientifici non utilizza, per esempio, i canali ufficiali di cui si serve la scienza per comunicare una verità tecnica, ma sceglie gli studi televisivi dei talk show, oppure le riviste dove non vige la regola della revisione paritaria (dove la selezione è meno rigida o addirittura inesistente) e cerca di utilizzare parole presenti nei campi semantici della scienza, ma completamente avulse dal contesto corretto. Dando, così, l’illusione di scientificità.
Marco Cappadonia Mastrolorenzi
One thought on “Scienza, pseudoscienza, par condicio e democrazia”
Ottimo. La scienza non è democratica, ma si avvale di sperimentazioni e dimostrazioni. Eppure si parla spesso di contraddittorio anche in ambiti in cui non dovrebbe esistere. L’analfabetismo funzionale miete molte vittime.